Penelopi de La Bettola
Spettacoli
In una
poesia di Primo Levi si legge: “Meditate che questo è stato”, un verso che
riflette tutto il valore e l’importanza della memoria, non solo perché ciò che
è stato non si ripeta, ma anche e soprattutto perché l’impossibilità della
rassegnazione all’orrore e alla sua realtà continui a restare custodita nel
tempo di chi sopravvive.
Ciò
nonostante, Levi ripone nei giovani le speranze di un futuro in cui sia ancora
possibile scommettere sull’uomo.
“Penso
che valga la pena di scommettere sull’uomo, se non ci fosse questa fiducia
nell’uomo non varrebbe la pena di conservarsi” Primo Levi.
Questo
progetto intende rendere omaggio alle vittime del nazifascismo, contro il quale
la Resistenza di tutta Europa ha combattuto senza limiti di sacrificio di
sangue.
A La
Bettola non venne risparmiato nessuno, nonostante la popolazione fosse
assolutamente estranea allo scontro con i partigiani avvenuto la notte prima.
Ricordare
che non erano combattenti di un esercito nemico, ma bambini, donne, uomini e
anziani, cittadini inermi e che furono uccisi e bruciati.
Ancora
ci chiediamo perché non fuggirono, via, subito, ovunque.
Perdere
tutto ma salvare la vita. E invece no.
Convinti
di non aver nulla da temere, i civili non fuggirono dopo la sparatoria avvenuta
tra partigiani e tedeschi il giorno prima.
Il
nostro intento è quello di dar voce alle vittime della strage.
Nel
giugno del 44’ s’incrociarono a La Bettola i percorsi di vite di tante persone.
Il
contesto era la guerra, la conclusione una tragedia.
Ma non
esiste solo la “grande” storia, in questa storia esistono le singole persone.
Le
vittime, prima di diventare tali, erano persone come tutti.
Il
nostro intento è quello di dar voce alle vittime della strage così come le
sopravvissute (comunque vittime) per dare voce e corpo a memorie soggettive e
collettive di donne che hanno segnato la ricostruzione di questo territorio dopo
la strage e che hanno rigenerato i valori fondativi, la solidarietà, la pace e
la cura in questa comunità (le madri della “democrazia della cura”) si tratta quindi di un’operazione di memoria
interrogata dal presente, non solo di una rievocazione commemorativa degli
eventi.
L’archivio
delle loro immagini, ricordi, emozioni e sentimenti diventerà così un filo
rosso che lega la storia di una e, allo stesso tempo, di tutte.
Lo
faremo attraverso queste donne che noi chiameremo “Le Penelopi de La Bettola”.
Perché
ci vuole coraggio per essere Penelope, che simboleggia la casa, il ritorno
ciclico alle origini e alla patria stessa.
L’epica
della sposa di Odisseo non è incentrata solo sulla fedeltà, ma anche sulla
risolutezza, la pazienza e la determinazione, nonostante la fragilità tipica
femminile.
Le
nostre mamme in tutti i sensi.